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Riflessioni profumate per il Nuovo Anno

Un nuovo anno è sempre l’occasione per una revisione del passato e una spinta verso il futuro. In mezzo, così difficile da percepire, è il presente. Abbiamo poca fiducia nel presente, a mio avviso. Lo riteniamo così scontato che “tutto scorre” e poche volte cogliamo l’occasione per viverlo appieno e “usarlo”. Usare il presente significa concedersi di essere presenti a se stessi con la fiducia che sì, dentro di noi ci sono le risorse per vivere il movimento di cui facciamo parte.
Perché noi facciamo parte di un movimento – il movimento delle cose e della vita. Questo è uno degli insegnamenti più grandi degli studi che ho fatto sulla mitologia e sulla narrazione mitica. In ogni mito, in ogni narrazione antica ogni cosa evolve in qualcos’altro; ogni atto ed evento si trasforma in qualcos’altro. Si trasforma. Si muove.

Dea Venere Afrodite

Così pensavo a quali essenze risuonino con questo sentire, e ce ne sono varie. Questo palpitare di vita che si rinnova mi fa pensare alle spezie, con la loro vitalità corroborante. E allora come non usare lo zenzero, frizzante e vitale, che contrasta l’umido e il freddo così bene. Olio essenziale di zenzero in diffusione ambientale, zenzero come pediluvio mettendo tre gocce di essenza in un cucchiaio di sale grosso e versandolo nell’acqua tiepido-calda.
Zenzero che fa bene anche al respiro, che ritempra e rinvigorisce. Olio essenziale decisamente essenziale; e quando non ce l’abbiamo possiamo facilmente trovare il rizoma, fresco o secco.

Accanto a questa forza rinnovante abbiamo molti accompagnatori possibili: da un limone che aiuta nella lucidità ad un mandarino che ne sottolinea la parte più giocosa e giovane. Ma potremmo decidere anche di prendere un’altra strada, per esempio con una conifera. Lascio a te la scelta, se accompagnare lo zenzero con un pino mugo, un pino cembro, o un abete nero…esplorando le tante possibilità che ti permetteranno di avere una miscela da respirare tutta, e allo stesso tempo una sferzata di energia e centratura che parla di rinnovamento e fermezza (potremmo dire una sinergia da meditazione), quel giusto equilibrio tra stare con se stessi e stare con gli altri.

[Immagine: La nascita di Venere, Redon]

 

Riflessioni sul femminile sacro

Il sacro è una dimensione personale che al contempo trova in ognuno di noi una appartenenza universale. Il sacro cioè è la possibilità di essere autenticamente noi stessi scegliendo una posizione interiore che sia in sintonia con il nostro sentire più profondo e la possibilità di portare questo sentire nella vita di tutti i giorni. In questo il sacro è dimensione inclusiva, condivisa basata su una esclusività primaria: il proprio rapporto personale, intimo, unico con il sé transpersonale, o col “cuore pulsante della vita”.

Per la donna questo rapporto è profondo, intimo, innestato in un nucleo centrale di sentimenti che pulsa e riconosce come viva e reale la passione per la vita. La donna cioè dal mio punto di vista ha in sé la capacità di sentire la vita attraverso il proprio cuore e di capirla attraverso i sensi, i sentimenti, le relazioni. Per questo probabilmente la dimensione prima per la donna è il proprio corpo emotivo, e se cercassimo un luogo fisico, un luogo di rifugio e riflessione, questa è la casa.

La casa come luogo di possibilità della connessione con se stessi; la casa come luogo di relazione, di scambio, come “fornace di vita”. Hestia, per i greci, era proprio questo – ed era una divinità talmente archetipica da non venir quasi mai raffigurata. Compariva invece spesso l’elemento fuoco, che era il massimo della rappresentabilità possibile, di questa dimensione sacra, spirituale, contenuta e intima sia nella persona che nella sua abitazione.

Graal Dante Gabriele Rossetti
Credere che Hestia fosse custode della propria casa faceva della casa stessa un tempio. Come tale era luogo di riti, di preghiere, e di tutte quelle vicende umane che tracciano la nostra storia personale e la rendono umana. Tratto tipicamente femminile è infatti, a mio avviso, questa percezione delle età della vita come un continuum durante il quale parti di noi trovano espressione, trovano il loro momento e il loro spazio per esprimersi – tutto questo non tanto con la mente o l’intelletto quanto con le emozioni e con il corpo.

Come formatore mi è capitato di insegnare aromaterapia sia a ragazzi di vent’anni che stanno cercando di crearsi un lavoro, sia a volontari di un hospice nel quale si cura il termine vita. In altri momenti ho parlato con donne in attesa di un figlio; o con donne in attesa di sposarsi. O con donne – e uomini – separati. O con donne – e uomini – profondamente offesi, nello spirito e nel corpo. Ecco, credo che questo teatro umano, e la capacità di comprenderlo profondamente, nel cuore e nel corpo, sia femminile.

Ho l’impressione che il sacro femminile sia la capacità di sostenere la vita nella sua profonda umanità, attraversando l’arcobaleno di epoche personali, di eventi, di “età”. Ogni età ha un suo pregio grande, e allo stesso tempo ogni età vive una rimozione di alcune fragilità che viviamo. Oggi uno dei compiti del femminile secondo me è proprio restituirci quelle fragilità e trovare la formula che ci permetta di inserirle nel nostro “pacchetto vita”, restituendo loro la dignità che hanno, e che ci può permettere finalmente di risentirci umani.

La rimozione della fragilità spinge ad una chiusura forzata, ad una performance così tanto approvata dalla nostra cultura, che in realtà reitera una sostanziale rinuncia alla profondità della vita, probabilmente percepita come inavvicinabile. Come sempre, rimuovere una parte significa rinunciare anche al suo dono, e rimuovere la fragilità chiede la rinuncia di sfumature, misteri, intimità e riflessi che oggi appunto cogliamo forse solo in pochi istanti di grazia.